ADI: Le lingue che il credente riceve al battesimo con
lo Spirito Santo non sono interpretabili o lingue conosciute |
Introduzione Salvatore Cusumano, nella sua tesi su
Roberto Bracco presentata all’Istituto Biblico delle ADI, che ha la
presentazione di Francesco Toppi, afferma quanto segue a proposito delle
lingue che i credenti cominciano a parlare quando vengono battezzati con lo
Spirito Santo: ‘…. Esistono delle lingue non interpretabili per
l’edificazione personale e che, a nostro parere, corrispondono al segno delle
lingue che il credente riceve al battesimo nello Spirito Santo’ (pag. 34). E
lo stesso Toppi conferma ciò dicendo che alla ricezione del battesimo con lo
Spirito Santo, il parlare in altre lingue come lo Spirito dà di esprimersi,
‘è il parlare in lingue che non corrispondono ad alcuna lingua conosciuta’
(Francesco Toppi, E Mi Sarete Testimoni, ADI-Media, Roma 1999, pag. 42). In altre parole, secondo le ADI, quando si
tratta del dono della diversità delle lingue le lingue sono interpretabili,
mentre quando si tratta delle lingue come segno che si ricevono al battesimo
con lo Spirito allora esse non sono interpretabili.* Confutazione Ora, prima di passare alla confutazione di
questa ennesima falsità insegnata dalle ADI, voglio spiegarvi brevemente cosa
dice la Bibbia a proposito del parlare in altra lingua. Secondo quello che insegna la Scrittura
quando un credente viene battezzato con lo Spirito Santo comincia a parlare
in altra lingua secondo che lo Spirito gli dà di esprimersi (cfr. Atti 2:4;
10:44-46; 19:6), e questo costituisce il segno esteriore dell’avvenuto
battesimo con lo Spirito Santo. Sto parlando in questo caso del parlare in
una sola lingua straniera per lo Spirito, perché c’è anche un parlare in più
lingue straniere che è pur sempre una capacità data dallo Spirito Santo, che
la Bibbia chiama “diversità delle lingue” e che è uno dei doni dello Spirito
Santo (1 Corinzi 12:10), che si può ricevere sia al battesimo con lo Spirito
Santo che successivamente al battesimo con lo Spirito Santo, e che è bene
ricordare non tutti ricevono (cfr. 1 Corinzi 12:30). E’ evidente dunque che
quando un credente riceve la capacità di parlare in diverse lingue straniere
già al battesimo con lo Spirito Santo, quel suo parlare in lingue è sì il
segno del battesimo con lo Spirito ricevuto ma anche dono. Se invece il
credente al suo battesimo con lo Spirito Santo parla solo in una lingua
straniera allora quel suo parlare non costituisce il dono della diversità
delle lingue. Ora, che cosa fa il credente quando
comincia a parlare in altra lingua al battesimo con lo Spirito Santo? Egli
parla a Dio, perché Paolo dice che “chi parla in altra lingua non parla agli
uomini, ma a Dio; poiché nessuno l’intende, ma in ispirito proferisce
misteri” (1 Corinzi 14:2), e difatti egli prega (cfr. 1 Corinzi 14:14),
salmeggia (cfr. 1 Corinzi 14:15), e benedice Iddio (cfr. 1 Corinzi 14:16). A
prescindere dunque che il credente abbia o meno il dono di diversità delle
lingue, quando egli parla in altra lingua parla a Dio, e nessuno l’intende, neppure
lui intende quello che dice. Ma affinché sia lui che gli altri che lo sentono
parlare in lingue intendano quelle parole dette per lo Spirito, il Signore ha
costituito il dono della interpretazione delle lingue (cfr. 1 Corinzi 12:10),
che chi parla in altra lingua deve desiderare secondo che è scritto: “Perciò,
chi parla in altra lingua preghi di poter interpretare” (1 Corinzi 14:13). Dunque sia che il credente parla in altra
lingua da solo, o assieme ad altri, sia che abbia o non abbia il dono della
diversità delle lingue, quando lo Spirito gli darà di interpretare quello che
lui ha detto, sia lui che gli altri ne riceveranno edificazione avendo inteso
quello che lo Spirito ha detto tramite la sua bocca. Dunque, le ADI errano nel dire che le
lingue come segno non sono interpretabili, perché se fosse così, il credente
che parla in altra lingua, non avendo il dono di diversità delle lingue, non
dovrebbe pregare di poter interpretare quello che dice per lo Spirito, e
quindi dovrebbe astenersi dal fare una cosa che l’apostolo gli comanda di
fare. In altre parole, dovrebbe pregare di poter interpretare solo chi ha il
dono della diversità delle lingue, e non chi parla solo in una lingua
straniera che ha ricevuto nel momento che è stato battezzato con lo Spirito.
Detto ancora in altre parole, egli dovrebbe aspettare di ricevere il dono
della diversità di lingue prima di mettersi a pregare di poter interpretare.
E non mi pare che si intraveda una cosa del genere nelle parole di Paolo ai
Corinti. Ma poi sarebbe un controsenso dire che le
lingue-segno non sono interpretabili in quanto per uso personale perché anche
quando uno parla in altra lingua da solo, benché edifichi se stesso, non
intende quello che dice; e siccome egli sta parlando a Dio, e l’unica maniera
per capire cosa sta dicendo è tramite l’interpretazione, per forza di cose
quella lingua è interpretabile, e quindi è bene che lui preghi di poter
interpretare quello che dice. E poi, io dico, per fare riferimento ad un
caso biblico di parlare in lingue come segno al battesimo con lo Spirito, ma
il giorno della Pentecoste quelle lingue erano o non erano interpretabili,
erano o non erano delle lingue conosciute a quel tempo? A me risulta che lo
erano, perché erano vere lingue straniere che i discepoli si misero a parlare
per lo Spirito, e tramite di esse parlavano delle cose grandi di Dio (cfr.
Atti 2:11), secondo che dissero i Giudei che si radunarono: “Ecco, tutti
costoro che parlano non son eglino Galilei? E com’è che li udiamo parlare
ciascuno nel nostro proprio natìo linguaggio? …. li udiamo parlar delle cose
grandi di Dio nelle nostre lingue” (Atti 2:7-8,11). E d’altronde, le lingue
servono di segno ai non credenti (1 Corinzi 14:22) – come servirono di segno
il giorno della Pentecoste ai quei Giudei provenienti da ogni nazione di
sotto il cielo – e affinché servano loro di segno devono essere per forza di
cose delle vere lingue conosciute dagli increduli che Dio ha deciso che
devono ascoltarle, e quindi non solo sono lingue conosciute ma anche interpretabili
perché “ci sono nel mondo tante e tante specie di parlari, e niun parlare è
senza significato” (1 Corinzi 14:11). E’ vero che le lingue a Pentecoste furono
intese dai Giudei che si adunarono e non ci fu nessuna interpretazione di
esse da parte di qualche discepolo che le parlava, ma vorrei fare notare che
i discepoli parlavano in lingue ancora prima che quei Giudei raggiungessero
il luogo dove si trovavano (cfr. Atti 2:4,6), e quindi quand’anche non ci
fossero stati quei Giudei a sentirli e a capirli, quel parlare era pur sempre
diretto a Dio e tramite il dono della interpretazione avrebbe potuto essere
capito dagli stessi discepoli che parlavano. * Le ADI insegnano una cosa errata anche
quando spiegano la distinzione tra il parlare in lingue come segno esteriore
del battesimo con lo Spirito e il parlare in lingue come dono, in quanto
affermano: ‘Occorre a questo punto fare una distinzione tra il parlare in
lingue, come segno del battesimo nello Spirito Santo e prezioso mezzo per il
credente battezzato per adorare Dio nell’intimità, e fra quello che può
chiamarsi in modo particolare il dono o carisma delle lingue, cioè la
possibilità di trasmettere in una lingua diversa dall’usuale sotto la guida
dello Spirito Santo, un messaggio di avvertimento, di esortazione, di
consolazione, destinato alla comunità e che sarà interpretato da coloro che
esercitano un altro carisma chiamato dono di interpretazione’ (AA. VV., Il
Battesimo nello Spirito Santo, Roma 1987, ADI-Media, pag. 32). E quindi il
loro insegnamento falso sulla non interpretabilità delle lingue che si
ricevono con il battesimo con lo Spirito Santo si deve integrare con
quest’altro falso insegnamento, che fa del dono della diversità delle lingue
un parlare in lingue rivolto agli uomini quando la Chiesa è radunata,
messaggio in lingue che interpretato costituisce una profezia. Leggi la confutazione di questo
altro loro errore. Giacinto Butindaro |