Alessandro Esposito, pastore della comunità Valdese di Trapani e Marsala, benedice una coppia lesbica |
Fratelli
nel Signore, ecco cosa ha fatto questo pastore valdese di nome Alessandro
Esposito, ha dato la sua benedizione ad una coppia lesbica. Quindi
qua siamo davanti a due atti abominevoli, il primo della coppia lesbica, e il
secondo quello del pastore valdese di Trapani che pubblicamente approva e
benedice il loro peccato contro natura. In
questo articolo apparso su un sito omosessuale, c'è l'intervista ad
Alessandro Esposito. Un parlare il suo che è vomitevole, abominevole,
disgustoso. A
quegli 'Evangelici' che approvano l'omosessualità e questi atti pastorali,
dico: 'RAVVEDETEVI
DALLE VOSTRE VIE MALVAGIE' Giacinto
Butindaro -------------------------------------------------------------------
Quando lei ama lei. Il pastore
valdese di Marsala benedice una coppia lesbica di
Miriam Di Peri Una
sera come tante in un pub, parole dette sottovoce nell’incessante brusio di
sottofondo. Tra
una chiacchiera e l’altra, qualcuno sussurra, con un tono ancora più basso,
quasi a voler sfidare l’attenzione e le capacità uditive dei propri
interlocutori: “sapete che a Marsala qualche giorno fa si sono sposate due
donne?”.Attimo di silenzio, poi tantissima curiosità, centinaia di domande
frullano tutte insieme nella testa. Ma non era vietato? Due donne? In
Sicilia? In una Chiesa? Ma
soprattutto, come mai la notizia non si è saputa in giro? “No, le due donne
hanno chiesto a tutti di mantenere il massimo riserbo – taglia corto l’unico
del gruppo al corrente dei fatti – e così è stato”. Va bene, le novelle spose
hanno voluto proteggere la privacy del giorno più importante della loro vita.
Giusto e legittimo. È così che ci mettiamo alla ricerca del ministro di Dio
che ha celebrato le nozze. E
la ricerca conduce ad Alessandro Esposito, pastore della comunità Valdese di
Trapani e Marsala. Anche a lui è stato chiesto di mantenere il riserbo
sull’episodio. Allora proviamo a capire cosa è scattato nel cuore dell’uomo,
e del pastore d’anime, per portarlo a celebrare una funzione così atipica. Ci
va cauto con le parole, non parla di “matrimonio”. Lui
ha incontrato due donne che si amavano. E ha benedetto la loro unione. La fa
meravigliosamente facile, Alessandro Esposito. Lo senti parlare d’amore con
lo stesso affetto e la stessa soddisfazione con cui un bambino costruisce per
la prima volta un puzzle. Tassellino dopo tassellino. Pastore
Esposito, qual è la sua definizione di amore? “Beh,
incominciamo con una domanda piuttosto impegnativa. Se dovessi abbozzare una
risposta proverei a ribaltare l’interrogativo. Ovverosia: credo che ciò che
di più improprio si possa fare nei confronti dell’amore sia confinarlo
nell’angusto perimetro di una definizione. L’amore, difatti, è per
antonomasia traboccante, eccedente, ulteriore: ecco perché nei vangeli Amore
è l’unico nome attribuibile a Dio, il quale, non a caso, si sottrae ad ogni
identificazione, fuorché, per l’appunto, a quella che lo designa come Amore”.
Dove
sta il confine tra amore giusto e amore sbagliato? “L’amore
è amore e, come tale, non conosce barriere: a tracciare confini non è lui,
siamo noi. Per lo stesso motivo, aggiungo, a sbagliare siamo noi e non lui: e
sbagliamo proprio nel momento in cui pretendiamo di imporgli dei limiti che,
come tali, sono nostri e non suoi. In sostanza, credo che siamo più noi a
creare problemi all’amore che non viceversa”. Qualcuno
la definisce una malattia, qualcun altro un peccato, altri ancora una
tendenza che va di moda in questo secolo. Cos’è, secondo lei,
l’omosessualità? “Per procedere nella direzione che stiamo cercando, insieme,
di delineare, risponderei che l’omosessualità è uno dei molteplici volti
dell’amore: come tale, possiede pari diritti e pari dignità rispetto a tutti
gli altri. Dire
che sia malattia è frutto dell’ignoranza. Affermare che si tratti di peccato
è conseguenza di un fondamentalismo ottuso. In ambo i casi si tratta di una
mancanza di sensibilità che mi avvilisce e mi indigna. Certo
dovrebbe far riflettere il fatto che ambedue queste definizioni continuino ad
attecchire in seno a svariati contesti ecclesiastici. Credo che sia giunto il
momento di dire, senza ambiguità e tentennamenti, che a dover compiere un
cammino di conversione non sono certo le persone omosessuali, quanto,
piuttosto, le chiese. Credo
sia tempo di riparare, non con futili esternazioni, ma con gesti concreti e
pronunciamenti chiari, all’ingiustizia messa in atto attraverso secoli di
pregiudizi ingiustificati e di condanne inescusabili. Sperando che queste
sorelle e questi fratelli vogliano accordarci quel perdono che abbiamo il
dovere, umano prima ancora che morale, di chiedere loro”. ”Maschio
e femmina li creò” e a quello si appella la Chiesa Cattolica, contro le
unioni omosessuali. Ma l’amore non dovrebbe stare al di sopra di tutto? “Difatti
è così. Spesso però mi è capitato di constatare che lo spirito del Vangelo
venga colto assai più in profondità da quante e quanti non si riconoscono in
una struttura ecclesiastica: a molte e molti di costoro sono debitore per il
mio cammino di uomo e di discepolo. In
fondo, il Vangelo, consiste in un percorso di umanizzazione: perché umani non
si è, umani si diventa. La pratica quotidiana del Vangelo dovrebbe
semplicemente insegnarci ad essere ciò che diciamo di essere e che, in
relatà, non siamo: umani. E chi riconosce che l’amore sta al di sopra di
tutto, del Vangelo ha già compreso l’essenziale”. Sesso
e religione: è giusto che questi due universi, estremamente intimi e privati,
s’incontrino? “Certamente:
direi che si tratta di un incontro auspicabile, per quanto mi sembri, in
generale, piuttosto di là da venire. Inutile dire che, perché possa aver
luogo un incontro proficuo tra queste due dimensioni del vivere, gli
impedimenti maggiori provengono dall’ambito religioso. La
sessualità appartiene alla sfera intima e, come tale, inviolabile,
dell’individuo: la religione, pertanto, se vuole porsi al servizio delle
donne e degli uomini, dovrebbe limitarsi a riconoscerla e a rispettarla,
senza emettere sentenze. Sessualità è relazione (va da sé, tra persone
adulte): pertanto, si tratta di una dimensione che va educata, non certo
elusa e men che meno demonizzata. E il cammino che molte chiese, in tal
senso, devono percorrere, mi sembra ancora lungo”. Quello
tra le due donne è stato il primo matrimonio gay che ha celebrato? “Si,
ma qui è necessario operare alcuni distinguo: a incominciare dal fatto che
quella che abbiamo celebrato presso la chiesa valdese di Trapani e Marsala è
propriamente una benedizione, nel senso che non ha alcun effetto civile. Questo
perché lo Stato italiano, al momento, non riconosce alcun diritto alle coppie
di fatto, omosessuali come eterosessuali. Ritengo essenziale, però,
sottolineare che tale celebrazione è stata resa possibile da molteplici
fattori: vorrei citarne soltanto tre. Il
primo è rappresentato dalla disponibilità delle comunità valdesi di Trapani e
Marsala, di cui ho il privilegio di essere pastore, le quali hanno dimostrato
estrema apertura e sensibilità, sfidando convenzioni e consuetudini. Il
secondo consiste nell’estrema maturità teologica, etica ed ecclesiologica
dimostrata dalla Chiesa Valedese nel suo insieme, poiché si tratta di una
realtà in cui il confronto ed il dibattito sono sempre consentiti e tutelati.
Il
terzo fattore, infine, lo individuo nel mio percorso biografico, che ha
potuto giovarsi del sostegno delle comunità di base, appartenenti al
cattolicesimo cosiddetto “del dissenso”. In particolare, sono debitore dello
sviluppo di una maggiore sensibilità circa la realtà delle coppie omosessuali
e dei loro diritti alla comunità di base di Pinerolo ed al suo presbitero e
animatore, Franco Barbero”. Come
ha reagito la società marsalese al matrimonio tra le due donne? “Beh,
staremo a vedere: per quanto ne so, glielo stiamo comunicando con questa
intervista”. Fonte:
Livesicilia del 10 aprile 2010 |
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Giacinto Butindaro |
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