Giudicare: quando è vietato e quando è comandato |
Introduzione Quella che segue è la confutazione di un
falso insegnamento che è diffuso in quasi tutte le Chiese Evangeliche Pentecostali
e non Pentecostali. Il fatto che io abbia preso l’insegnamento
da confutare da una delle pubblicazioni delle ADI non deve quindi
assolutamente indurre a pensare che solo nelle ADI viene rivolto questo falso
insegnamento sul ‘non giudicare’, perché lo ripeto ormai è uno dei falsi
insegnamenti più diffusi in ambito Evangelico. Dottrina
ADI Nel libro Parola Giorno per Giorno, pubblicato dalle ADI nel 1989,
precisamente alla data del 9 Luglio, c’è una meditazione dal titolo ‘Nel
giudicare gli altri tu condanni te stesso’, che trascrivo integralmente:
‘Occorre che ognuno di noi riconosca che il giudizio appartiene soltanto a
Dio. Infatti Gesù ci insegna: ‘non giudicate acciocché non siate giudicati’
(Luca 6:37). L’apostolo Giacomo, da parte sua, ci esorta: ‘fratelli, non
mormorate gli uni contro gli altri, onde non siate giudicati, ecco il giudice
è alla porta….’ (Giacomo 5:9). L’indole dell’uomo naturale è proprio quella
di biasimare, criticare, giudicare e condannare gli altri, di puntare cioè
l’indice accusatore verso gli altri. Spesso ignoriamo che quando puntiamo un
dito per accusare qualcuno, le altre tre dita sono rivolte verso di noi,
quasi a farci rammentare che le accuse e le critiche devono essere mosse
prima di tutto a noi stessi. E’ molto più facile criticare gli altri,
prendere il posto della ‘pubblica accusa’, o ergersi a giudici severi, che
rendersi conto con umiltà e sobrietà delle proprie mancanze e dei propri
errori. Nella maggior parte dei casi i verdetti e le condanne che pronunciamo
sono precipitosi, ingenerosi o quantomeno poco obbiettivi, e soprattutto
possono recare un gravissimo danno agli altri. Gesù dice: ‘chi di voi è senza
peccato, scagli la prima pietra’ (Giovanni 8:7). Da queste poche parole
intuiamo facilmente che potremmo condannare gli altri qualora fossimo del
tutto esenti dal peccato e dagli errori, ma poiché nessun uomo si trova in
questa condizione, dovremo guardarci dal giudicare e condannare con tanta
facilità il nostro prossimo. Quando siamo spinti a giudicare gli altri, non
soltanto trascuriamo di esaminare con cura noi stessi, ma ci scaviamo una
‘fossa’ nella quale prima o poi cadremo. Colui che era senza peccato, non
giudicò ma seppe perdonare. Ricordiamo: ‘La misericordia trionfa del
giudizio’ (Giacomo 2:13). Confutazione Questa meditazione ha solo l’apparenza di
essere corretta perché in realtà contiene diversi errori, che sono abilmente
presentati con l’uso di alcuni passi della Sacra Scrittura. Gli errori sono i
seguenti. 1 - Viene fatto credere che noi Cristiani
non possiamo giudicare niente e nessuno 2 - Viene fatto credere che giudicare e
mormorare (per mormorare le ADI qua intendono maldicenza o pettegolezzo) sono
la medesima cosa 3 - Viene fatto credere che per poter
esprimere un giudizio noi dobbiamo essere senza peccato 4 – Viene fatto credere che giudicare
significa lanciare una pietra contro qualcuno, cioè condannare 5 - Viene detto che Gesù non giudicò ma
seppe perdonare Ora, prima di passare a dimostrarvi con le
Scritture questi errori, voglio che sappiate che ‘giudicare’, significa
‘valutare qualcosa o qualcuno a seconda delle qualità, dei meriti’ ed anche
‘esprimere giudizi intorno a qualcuno o a qualcosa’, ed ancora ‘discernere,
distinguere, paragonare fatti o idee, e percepire il loro accordo o
disaccordo, e di conseguenza distinguere la verità dalla falsità’. Essendo dunque questo il significato di
‘giudicare’ occorre adesso stabilire se noi possiamo giudicare persone o
cose, e questo naturalmente lo possiamo fare solo tramite la Sacra Scrittura.
Ora, l’insegnamento della Scrittura su questo soggetto è questo: ci sono casi
in cui non possiamo giudicare (secondo che disse Gesù: "Non
giudicate.." - Matteo 7:1), ed altri invece in cui possiamo o meglio
dobbiamo giudicare. Vediamo
prima i casi in cui non possiamo giudicare • Paolo dice ai Corinzi: "Non
giudicate di nulla prima del tempo, finché sia venuto il Signore, il quale
metterà in luce le cose occulte delle tenebre, e manifesterà i consigli de’
cuori; e allora ciascuno avrà la sua lode da Dio" (1 Corinzi 4:5). Ora,
taluni dei Corinzi avevano giudicato Paolo inferiore, davanti a Dio, ad
Apollo e a Cefa infatti alcuni tra di loro dicevano di essere di Apollo e
altri di Cefa, ma c’erano anche altri che lo avevano giudicato superiore a
questi ministri del Signore perché si erano messi a dire: Io sono di Paolo.
Al che Paolo li ammonì e gli disse tra le altre cose: "A me poi
pochissimo importa d’esser giudicato da voi o da un tribunale umano; anzi,
non mi giudico neppur da me stesso. Poiché non ho coscienza di colpa alcuna;
non per questo però sono giustificato; ma colui che mi giudica, è il
Signore" (1 Corinzi 4:3-4), facendogli capire che il giudizio
apparteneva a Dio e sarebbe stato lui a giudicarlo inferiore o superiore ad
Apollo o a Cefa, mentre loro questo non potevano farlo perché non potevano
conoscere appieno il cuore di lui e quello di Apollo e di Cefa. Da qui
l’ordine di non giudicare di nulla prima del tempo quando il Signore premierà
ciascuno secondo la sua fatica, ma tenendo conto anche delle cose nascoste
agli altri (sia buone che cattive) compiute o dette o pensate. E’ chiaro
dunque che da questo punto di vista noi non possiamo giudicare un fratello
dicendo che è più grande di un altro o avrà un premio maggiore di un altro o
sarà fatto sedere più vicino al Signore di un altro. Perché solo Dio conosce
tutti i pensieri, tutte le opere, e tutte le parole di un suo figliuolo. • Paolo ha detto ai Romani: "Quanto a
colui che è debole nella fede, accoglietelo, ma non per discutere opinioni.
L’uno crede di poter mangiare di tutto, mentre l’altro, che è debole, mangia
legumi. Colui che mangia di tutto, non sprezzi colui che non mangia di tutto;
e colui che non mangia di tutto, non giudichi colui che mangia di tutto;
perché Dio l’ha accolto. Chi sei tu che giudichi il domestico altrui? Se sta
in piedi o se cade è cosa che riguarda il suo padrone; ma egli sarà tenuto in
piè, perché il Signore è potente da farlo stare in piè. L’uno stima un giorno
più d’un altro; l’altro stima tutti i giorni uguali; sia ciascuno pienamente
convinto nella propria mente. Chi ha riguardo al giorno, lo fa per il
Signore; e chi mangia di tutto, lo fa per il Signore, poiché rende grazie a
Dio; e chi non mangia di tutto fa così per il Signore, e rende grazie a
Dio... Ma tu, perché giudichi il tuo fratello? E anche tu, perché disprezzi
il tuo fratello? Poiché tutti compariremo davanti al tribunale di Dio;
infatti sta scritto: Com’io vivo, dice il Signore, ogni ginocchio si piegherà
davanti a me, ed ogni lingua darà gloria a Dio. Così dunque ciascun di noi
renderà conto di se stesso a Dio. Non ci giudichiamo dunque più gli uni gli
altri..." (Romani 14:1-6,10-13). Da queste parole si evince che quando
un fratello ha un’opinione diversa da un altro sui cibi, nel senso che lui
per esempio ritiene di astenersi dalla carne, non deve giudicare colui che la
carne invece la mangia perché mangia di tutto, e questo perché Dio come ha
accolto lui che mangia solo legumi ha accolto anche l’altro che mangia anche
la carne. Sia lui che l’altro fanno così per il Signore perché prima di
mangiare rendono grazie a Dio quindi lui che è debole nella fede (perché
mangia legumi) non deve giudicare l’altro che siccome che è forte nella fede
mangia di tutto. Ma anche il fratello che mangia di tutto ha un obbligo verso
l’altro fratello infatti non lo deve sprezzare. Anche a proposito dei giorni
è la stessa cosa; se un fratello ha riguardo ad un particolare giorno per una
sua convinzione particolare (il Sabato o la Domenica, ecc.) e fa così per il
Signore, non deve giudicare colui che invece non stima quel particolare
giorno nella stessa maniera perché per lui tutti i giorni sono uguali. E
colui che stima tutti i giorni uguali non deve sprezzare colui che ha
riguardo ad un giorno particolare. In altre parole i fratelli si devono
accogliere come Dio ha accolto loro in Cristo e non devono mettersi a
discutere su queste opinioni personali. Ognuno, in questo caso, si deve
tenere la sua convinzione per se stesso presso Dio e non deve rattristare
l’altro per la sua convinzione. Stima e rispetto per il fratello dunque
qualunque sia la sua opinione personale in materia di cibi e di giorni.
Badate che questo discorso non è affatto in favore all’ordine di astenersi da
determinati cibi che alcuni rivolgono perché in questo caso si tratta di una
dottrina di demoni (cfr. 1 Timoteo 4:1-5), ma solo in favore di un opinione
personale di un fratello che non ordina proprio a nessuno di astenersi da un
determinato cibo. • Giacomo ha detto: "Non parlate gli
uni contro gli altri, fratelli. Chi parla contro un fratello, o giudica il
suo fratello, parla contro la legge e giudica la legge. Ora, se tu giudichi
la legge, non sei un osservatore della legge, ma un giudice. Uno soltanto è
il legislatore e il giudice, Colui che può salvare e perdere; ma tu chi sei,
che giudichi il tuo prossimo?" (Giacomo 4:11-12). Si tenga presente
innanzi tutto che Giacomo in questa lettera si rivolgeva a dei Giudei che
avevano creduto infatti all’inizio dell’epistola scrive: "Giacomo,
servitore di Dio e del Signor Gesù Cristo, alle dodici tribù che sono nella
dispersione, salute" (Giacomo 1:1), e quindi a persone che conoscevano
la legge e che in certi punti l’osservavano ancora (ma non per esser
giustificati). Probabilmente tra questi fratelli Giudei di nascita alcuni che
ritenevano non doversi conformare più a certi riti dei padri parlavano contro
o giudicavano altri che invece si mantenevano attaccati ad essi. Ricordiamoci
che in Gerusalemme, dopo che Paolo fu tornato dal suo terzo viaggio
apostolico, c’erano migliaia di Giudei che avevano creduto ed erano zelanti
per la legge (Atti 21:20), quindi non ci sarebbe da meravigliarsi se anche
nella dispersione c’erano dei Giudei che avevano creduto ed erano zelanti per
la legge. Allora Giacomo fu costretto a scrivere a questi fratelli di non parlare
contro o giudicare questi fratelli perché così facendo essi parlavano contro
o giudicavano la legge. Quindi quel non giudicare il proprio fratello di cui
parla Giacomo occorre interpretarlo in questa maniera. Adesso
vediamo invece i casi in cui noi possiamo giudicare Paolo ai santi di Corinto, in relazione al
fatto che alcuni processavano il fratello davanti agli ingiusti invece che
davanti ai santi, ha scritto: "non sapete voi che i santi giudicheranno
il mondo? E se il mondo è giudicato da voi, siete voi indegni di giudicar
delle cose minime? Non sapete voi che giudicheremo gli angeli? Quanto più
possiamo giudicare delle cose di questa vita! Quando dunque avete da giudicar
di cose di questa vita, costituitene giudici quelli che sono i meno stimati nella
chiesa. Io dico questo per farvi vergogna. Così non v’è egli tra voi neppure
un savio che sia capace di pronunziare un giudizio fra un fratello e
l’altro?" (1 Corinzi 6:2-5). Come si può ben vedere a noi santi è lecito
esprimere un giudizio nelle liti fra i fratelli. Non c’è affatto bisogno che
i fratelli portino la loro causa davanti agli infedeli perché i santi sono in
grado di giudicare delle cose di questa vita. Anche nel caso che uno ha
commesso determinati peccati è lecito ai santi giudicarlo dandolo in mano di
Satana ed estrometterlo dalla raunanza: Paolo per esempio a quello che si
teneva la moglie di suo padre in Corinto lo giudicò dicendo: "Quanto a
me, assente di persona ma presente in ispirito, ho già giudicato, come se
fossi presente, colui che ha perpetrato un tale atto. Nel nome del Signor
Gesù, essendo insieme adunati voi e lo spirito mio, con la potestà del Signor
nostro Gesù, ho deciso che quel tale sia dato in man di Satana, a perdizione
della carne, onde lo spirito sia salvo nel giorno del Signor Gesù" (1
Corinzi 5:3-5). Anche Imeneo ed Alessandro erano stati giudicati da Paolo
venendo dati in man di Satana infatti è scritto: "Fra questi sono Imeneo
ed Alessandro, i quali ho dati in man di Satana affinché imparino a non bestemmiare"
(1 Timoteo 1:20). Ecco perché Paolo ci ha detto: "Non giudicate voi
quelli di dentro? ...Togliete il malvagio di mezzo a voi stessi" (1
Corinzi 5:12). Perché noi abbiamo, come Chiesa, l’autorità di giudicare i
malvagi (cioè quelli che si dicono fratelli e sono fornicatori, avari,
idolatri, oltraggiatori, ubriaconi, e rapaci) ed estrometterli dall’assemblea
(e non metterli all’ultimo banco). Con costoro non dobbiamo neppure mangiare!
Ci sono poi altre Scritture che ci
attestano che noi credenti possiamo emettere dei giudizi senza incorrere
nella punizione di Dio. Per esempio Gesù disse a dei Giudei : "Non
giudicate secondo l’apparenza, ma giudicate con giusto giudizio"
(Giovanni 7:24) ed ancora: "E perché non giudicate da voi stessi ciò che
è giusto?" (Luca 12:57). Paolo ai Corinzi dice: "Io parlo come a
persone intelligenti; giudicate voi di quello che dico" (1 Corinzi
10:15), ed anche: "Giudicatene voi stessi: E’ egli conveniente che una
donna preghi Iddio senz’esser velata?" (1 Corinzi 11:13), ed ancora:
"Parlino due o tre profeti, e gli altri giudichino..." (1 Corinzi
14:29). Quindi come credenti possiamo giudicare molte cose, ma non secondo
l’apparenza ma con giusto giudizio. Ricordate cosa disse Gesù a Simone quando
questi rispose correttamente alla sua domanda? “Hai giudicato rettamente”
(Luca 7:43), volendo dire: ‘Hai espresso un giusto giudizio’. Dunque, se noi
credenti esprimiamo dei giudizi corretti, non possiamo incorrere nel giudizio
di Dio. D’altronde, non ha forse detto Paolo che “l’uomo spirituale giudica
d’ogni cosa” (1 Corinzi 2:15)? E non ha forse detto la Scrittura: “Apri la
tua bocca, giudica con giustizia” (Proverbi 31:9)? Dunque che c’è da
meravigliarsi nel sentirci dire che noi possiamo giudicare? Ma d’altronde se noi figliuoli di Dio non
potessimo giudicare in senso assoluto, come potremmo rigettare le false
profezie, le false rivelazioni, e le false dottrine, che vengono diffuse in
mezzo alla Chiesa di Dio? Perché per rigettarle, dobbiamo prima esaminarle
alla luce della Sacra Scrittura, e poi alla fine esprimere il nostro giudizio
negativo contro di esse. E come potremmo guardarci dai falsi ministri del
Vangelo e dai falsi fratelli, dato che per identificarli tali dobbiamo prima
valutare il loro comportamento e le loro dottrine, alla luce della Parola di
Dio, ed esprimere poi anche qui il nostro giudizio negativo nei loro
confronti? Ma vi rendete conto cosa succederebbe se noi non potessimo
giudicare niente e nessuno? Il diavolo approfitterebbe subito della nostra
attitudine facendoci accettare le sue menzogne e i suoi ministri. E purtroppo va detto che questo è accaduto
nel caso di tanti credenti nelle ADI che, privi di sapienza e della
conoscenza della Parola di Dio, trascinati a credere che non possono
giudicare chi predica la Parola come neppure quello che viene predicato,
hanno finito con l’accettare false dottrine di ogni genere e cattivi operai
come buoni operai. Essi sono trascinati con l’inganno a credere che qualunque
cosa dica il pastore è ‘oro colato’ e quindi va accettato senza discussione,
perché lui è il servitore di Dio e l’unto di Dio, e di conseguenza hanno
finito con l’accettare menzogne di ogni genere. D’altronde se non possono
giudicare, come possono sentirsi autorizzati a riprovare sia privatamente che
pubblicamente la dottrina che dice che il fuoco dell’inferno è simbolico?
Come possono pensare di poter rigettare la gap-theory? Come possono pensare
di poter rigettare il rapimento segreto? Come possono pensare di essere
autorizzati a dire al pastore e a sua moglie, ‘Non andate a mettervi mezzi
nudi al mare, perché vi contaminereste!’? Non possono, perché se lo
facessero, gli verrebbe subito detto: ‘Fratello, non giudicare!’ Quando si parla con i credenti delle ADI in
realtà si avverte che non hanno i sensi esercitati a discernere il bene e il
male, e questo perché non hanno esperienza della parola di giustizia (cfr.
Ebrei 5:13-14). O meglio, fino ad un certo punto riescono a discernere il
bene dal male, ma oltre un limite no. Certe cose infatti essi capiscono o
accettano che sono sbagliate, ma tante altre no. E perchè questo? Perché loro
giudicano le cose e le persone con ‘la testa’ dei loro pastori, e non usando
le Scritture! In altre parole, se una cosa per il loro pastore è sbagliata è
sbagliata anche per loro, se invece per il pastore è giusta allora anche per
loro è giusta. Non è che loro esaminano le Scritture per vedere se un
comportamento o un insegnamento è biblico; no, consultano il loro pastore. E
cosa succede allora? Che siccome i pastori delle ADI tra i loro insegnamenti
ce ne hanno diversi che sono falsi, e tra i loro comportamenti ce ne sono
diversi che sono da condannare, loro accettano per buono anche quello che
buono non è. E ripeto, se qualcuno ardisce contestare uno di questi
insegnamenti falsi o comportamenti sbagliati, è subito accusato di giudicare.
E quindi viene fatto passare per uno che giudica i fratelli!! E’ chiaro
dunque che nel momento in cui qualcuno confuta un falso insegnamento delle
ADI o rigetta una delle concupiscenze mondane che loro tollerano, egli stesso
viene giudicato dalle ADI! Sì, perché in questo caso, la regola del non
giudicare viene calpestata a piacere; infatti in questo caso chi vuole
mettere ordine dove c’è confusione, chi vuole far rigettare la menzogna ed
accettare la verità, chi vuole distogliere i ribelli dal continuare a
camminare per sentieri tortuosi e portarli sui sentieri antichi, viene
etichettato come ‘ribelle’, ‘arrogante’, ‘uno che si crede più santo degli
altri’, ‘mistico’, ‘spiritualone’, ‘estremista’, e finanche ‘eretico’ in
taluni casi (come nel caso di chi accetta la predestinazione). Ditemi voi se
questi non sono giudizi!! Eccome se lo sono, ma sono giudizi ingiusti. E
coloro che li emettono, in quel giorno renderanno conto di ognuno di essi al
Giusto Giudice. E poi proprio costoro sapete cosa dicono
quando tu riprovi con ogni franchezza un loro insegnamento falso o un loro
comportamento mondano? ‘Fratello, potevi semplicemente dire che non condividi
quella dottrina o quel comportamento!’ Al che io dico: ‘Se questo è
l’atteggiamento giusto da tenere nei confronti di coloro che in mezzo alla
Chiesa insegnano false dottrine o che vanno dietro le concupiscenze della
carne, allora gli apostoli hanno sbagliato!’ Perché? Perché non mi risulta
affatto che fosse questo il loro modo di parlare. Ma ve lo immaginate Paolo dire ai Corinzi
semplicemente: ‘Io non condivido queste vostre divisioni, fratelli!’ o ‘Io
non condivido il modo di comportarsi di alcuni che tra di voi si chiamano
apostoli, ma non lo sono’ o ‘Io non condivido quello che fa quel credente che
si tiene la moglie di suo padre!’? Ma come avrebbe potuto parlare in questa
maniera lui che era imitatore di Cristo? Come avrebbe potuto riprendere e
sgridare e riprovare parlando in quella maniera? Come avrebbe potuto Paolo
far sì che gli altri che leggevano le sue parole fossero presi dal timore di
Dio e non dicessero o facessero quelle cose malvagie? Adesso si comprende
perché le Chiese ADI si trovano in questa penosa e tragica situazione; perché
quando in mezzo a loro vengono introdotte false dottrine o comportamenti
carnali bisogna dire solamente: ‘Io non condivido ciò!!!!!’ Senza azzardarsi
a dire altro; al massimo si può dire: ‘Preghiamo, fratelli, mettiamo tutto
nelle mani di Dio’. Ma comunque le cose non cambiano. Vorrei chiedere a
costoro che parlano così: ‘Da quanto tempo non leggete le epistole degli
apostoli’ o ‘Le avete mai lette le epistole degli apostoli’? Adesso
voglio confutare brevemente gli errori sopra citati 1 - Viene fatto
credere che noi Cristiani non possiamo giudicare niente e nessuno L’ho ampiamente dimostrato che secondo
quello che dice la Bibbia noi possiamo giudicare. Quindi questo punto non ha
bisogno di ulteriori approfondimenti. 2 - Viene fatto
credere che giudicare e mormorare (per mormorare le ADI intendono maldicenza
o pettegolezzo) sono la medesima cosa. E’ evidente che quando si giudica con
giusto giudizio, e non in base all’apparenza, il giudizio espresso non può
costituire una maldicenza come non può essere classificato neppure come un
parlare contro i fratelli. Quando Paolo metteva in guardia Timoteo da
Alessandro il ramaio, perché gli aveva fatto tanto male, e aveva fortemente
contrastato alle loro parole (cfr. 2 Timoteo 4:14-15), egli non giudicò
ingiustamente quell’uomo, ma disse la verità perché i fatti parlavano chiaro.
Come anche quando chiamò “il malvagio” quell’uomo che nella chiesa di Corinto
si teneva la moglie di suo padre (cfr. 1 Corinzi 5:12). E potrei proseguire
dicendo che anche quando Paolo chiamò alcuni della Chiesa di Corinto “falsi
apostoli” e “operai fraudolenti” (2 Corinzi 11:13) non giudicò ingiustamente
neppure loro, perché le loro opere testimoniavano contro di loro. E che dire
di coloro di cui Paolo disse ai Romani: “Quei tali non servono al nostro
Signor Gesù Cristo, ma al proprio ventre; e con dolce e lusinghiero parlare
seducono il cuore de’ semplici” (Romani 16:18)? Forse che li giudicò
ingiustamente? No, perché quei tali fomentavano le dissensioni e gli scandali
contro l’insegnamento che i santi di Roma avevano ricevuto (cfr. Romani
16:17). 3 - Viene fatto
credere che per poter esprimere un giudizio noi dobbiamo essere senza
peccato, perché Gesù disse che chi è senza peccato scagli il primo la pietra. Se fosse così, dato che noi tutti falliamo
in molte cose, non potremmo aprire mai la nostra bocca contro le opere
infruttuose delle tenebre, e di conseguenza non potremmo mai mettere in
guardia i fratelli dagli operatori di scandali che scorazzano in mezzo alle
Chiese. Proprio quello che vorrebbe il diavolo, per incoraggiare questa gente
riprovata quanto alla fede. Certo, occorre che ci ricordiamo che non possiamo
biasimare qualcuno che opera malvagiamente o insegna cose perverse, se noi
stessi siamo da biasimare per le nostre opere malvagie e per i nostri falsi
insegnamenti, perché così facendo condanniamo noi stessi, secondo che è
scritto: “Perciò, o uomo, chiunque tu sii che giudichi, sei inescusabile;
perché nel giudicare gli altri, tu condanni te stesso; poiché tu che
giudichi, fai le medesime cose. Or noi sappiamo che il giudizio di Dio su
quelli che fanno tali cose è conforme a verità. E pensi tu, o uomo che
giudichi quelli che fanno tali cose e le fai tu stesso, di scampare al
giudizio di Dio?” (Romani 2:1-3). Ma se noi operiamo giustamente e riteniamo
la sana dottrina attenendoci, con la fede e l’amore, al modello delle sane
parole di Gesù e degli apostoli, possiamo tranquillamente giudicare coloro
che invece operano malvagiamente e rigettano la sana dottrina. E poi, in
riferimento alla donna adultera che fu portata davanti a Gesù, non è vero che
Gesù non giudicò quella donna, pur essendo Egli senza peccato, perché Lui in
effetti ricevette l’accusa di coloro che gliela presentarono perché alla fine
le disse: “Va’ e non peccar più” (Giovanni 8:11). In altre parole, Gesù non
negò che quella donna avesse peccato. Quello che è vero invece è che Gesù non
condannò quella donna, perché non acconsentì che quella donna fosse lapidata
come ordinava la legge di Mosè, e Lui stesso non volle lapidarla. Ma bisogna
riconoscere che neppure gli accusatori di quella donna la condannarono (cfr.
Giovanni 8:10), perché dopo che Gesù disse loro che chi fra loro era senza
peccato poteva per primo scagliare la pietra (cfr. Giovanni 8:7), essi,
ripresi dalla loro coscienza, se ne andarono. Quindi, quello che Gesù rifiutò
di fare in quell’occasione, fu di condannare a morte una persona colpevole e
degna di morte. La stessa cosa che noi dobbiamo rifiutarci di fare. In merito a questo, voglio dire qualcosa d’altro,
e cioè che generalmente per scoraggiare chiunque dal giudicare, vengono
citate anche queste parole di Gesù: “E perché guardi tu il bruscolo che è
nell’occhio del tuo fratello, mentre non iscorgi la trave che è nell’occhio
tuo? Ovvero, come potrai tu dire al tuo fratello: Lascia ch’io ti tragga
dall’occhio il bruscolo, mentre ecco la trave è nell’occhio tuo?” (Matteo
7:3-4), tralasciando però volontariamente le parole successive: “Ipocrita,
trai prima dall’occhio tuo la trave, e allora ci vedrai bene per trarre il
bruscolo dall’occhio del tuo fratello” (Matteo 7:5). E perché questo? Perché queste
parole ammettono l’eventualità che uno abbia già tolto dal suo occhio la
trave, e quindi ci vede bene per poter rimuovere il bruscolo dall’occhio del
suo fratello, ammesso naturalmente che questo sia un bruscolo, perché spesso
si tratta di vere e proprie travi. E se egli ha tolto già la trave, non è un
ipocrita nel suo modo di agire, perché il male che vuole rimuovere dalla vita
del suo fratello, l’ha già rimosso dalla sua vita. E poi, coloro che
generalmente citano queste parole di Gesù a chi vuole rimuovere il bruscolo
dall’occhio di un altro fratello, non dicono pressoché mai in cosa consiste
la trave che costui ha nel suo occhio. Cioè non è che essi parlano avendo le
prove che costui abbia una trave nel suo occhio, ma citano l’ipocrita con la
trave di cui ha parlato Gesù solo per troncare sul nascere ogni tentativo di
rimozione di un peccato o di un operatore di scandali dalla Chiesa. Ecco
dunque come e per quale ragione vengono citate queste parole di Gesù sulla
trave e sul bruscolo, per mettere a tacere coloro che protestano contro la
mondanità, contro la falsità, l’ipocrisia, e scandali di vario genere che ci
sono in mezzo alla Chiesa; e quindi per impedire che le opere infruttuose
delle tenebre siano riprovate, e coloro che le compiono siano ripresi. 4 – Viene fatto
credere che giudicare significa lanciare una pietra contro qualcuno E’ evidente dunque, alla luce di quanto
detto poco fa, che chi giudica qualcuno che insegna cose contrarie alla sana
dottrina od opera scandali non sta lanciando nessuna pietra contro nessuno,
perché non sta condannando a morte nessuno. Sta solo esprimendo un giusto
giudizio, in base a fatti incontrovertibili, appoggiandosi sulla Parola di
Dio. 5 - Viene detto che
Gesù non giudicò ma seppe perdonare. Non è affatto vero, perché Gesù seppe anche
giudicare. Ascoltate per esempio cosa disse un giorno agli scribi e ai
Farisei: “Guai a voi, guide cieche, che dite: Se uno giura per il tempio, non
è nulla; ma se giura per l’oro del tempio, resta obbligato. Stolti e ciechi,
poiché qual è maggiore: l’oro, o il tempio che santifica l’oro? E se uno, voi
dite, giura per l’altare, non è nulla; ma se giura per l’offerta che c’è
sopra, resta obbligato. Ciechi, poiché qual è maggiore: l’offerta, o l’altare
che santifica l’offerta? Chi dunque giura per l’altare, giura per esso e per
tutto quel che c’è sopra; e chi giura per il tempio, giura per esso e per
Colui che l’abita; e chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per
Colui che vi siede sopra” (Matteo 23:16-22). Ecco come Gesù giudicò quegli
uomini! Chiamandoli ‘ciechi’ e ‘stolti’ e questo perché con le loro ciance
avevano annullato la Parola di Dio. Non si capisce dunque perché mai oggi non
dovrebbero essere chiamati ciechi e stolti quei conduttori che negano il
proponimento dell’elezione di Dio, che negano che il fuoco dell’inferno sia
reale, che negano che la Nuova Gerusalemme sia una vera città celeste, che
turbano l’animo dei credenti dicendo che Gesù può tornare anche in questa
notte, che incoraggiano i credenti ad andarsi a contaminare sulle spiagge del
mare, ecc. Se lo erano gli scribi e i Farisei per quelle ragioni, perché non
lo sarebbero questi pastori per queste ragioni? Giacinto Butindaro |