Bartolommeo Bartoccio |
Anche a Roma, comechè sede e centro del cristianesimo, anche a Roma i seguaci del Vangelo subivano atroce supplizio. Ma non era più il fanatismo dei sacerdoti pagani che suscitava per le vie latine la terribile persecuzione; non era questa bandita, come un tempo, a nome di Nerone e, Diocleziano, imperatori crudelissimi; i nuovi martiri non cadevano per mano degl'infedeli... strana contraddizione! nel secolo decimosesto il sangue cristiano era versato da cristiani carnefici, per ordine di colui che dicevasi vicario di Gesù Cristo; e per colmo d'empietà, a nome e gloria di Dio, e pel trionfo della fede! - Giammai le divine cose non erano cadute in più abbominevole profanazione! |
Se generoso fu il sacrifizio de' primi martiri, i quali, per fondare in mezzo ai pagani la Chiesa di Cristo, lasciarono la vita nel circo, tra le fiamme e sotto la mannaia; non meno generoso fu il martirio di quei fedeli che, molti secoli dopo, tentarono restituire al culto degenerato la purità de' tempi apostolici. |
Bartoccio nacque nel ducato di Spoleto da ricchi parenti, e fu convertito alla fede evangelica da Fabrizio Tommasi di Gubio, dotto gentiluomo e suo compagno d'armi all'assedio di Siena. Reduce nella città natale, ebbe cura di spargervi la verità, e guadagnare alla Chiesa riformata nuovi partigiani. Assalito da grave malattia, malgrado i consigli del medico e le preghiere della famiglia, rifiutò i così detti conforti della religione cattolica; al sacerdote ch'era venuto per confessarlo, fe' cenno d'allontanarsi; e, invece di arrendersi al vescovo della diocesi che bramava riconciliarlo colla Chiesa del papa, dimostrò con argomenti ed esempi biblici quanto rette e pure fossero le sue nuove credenze. Il vescovo, non potendo convincerlo colle ragioni, ordinò e a lui e a quanti altri sospettava d'eresia, di comparire innanzi al governatore Vitelli. |
Vi si recarono i deboli amici di Bartoccio, e, intimoriti dalle minaccie, abiurarono. Ma egli, più fermo nella fede, non comparve: comprese a quali pericoli esponevasi, rimanendo più oltre in quella terra; palesò al padre i suoi timori e il disegno che aveva concepito di partirsene di furto, e cercare sicuro asilo in altri paesi. Ma il crudele genitore non volle provvederlo di alcun danaro, sperando per tal modo costringerlo a rimanere e cedere a' voleri del magistrato. |
Il giovane si tacque; e, non ostante la estrema debolezza del corpo, nel cuor della notte, abbandonò la casa paterna, valicò le mura della città e se ne fuggì prima a Siena, e poscia a Venezia. Non tardarono a raggiungerlo corrieri e lettere di suo padre per indurlo a ritornare in famiglia e in seno della Chiesa cattolica; fu del pari seguito da ordini severi, spiccati dalle autorità ecclesiastiche onde arrestarlo. Per la qual cosa, perduta la speranza di rientrare senza pericolo nel suo paese e di ricevere alcun soccorso dall'irato genitore, non tenendosi del tutto sicuro nel territorio di quella repubblica, Bartoccio si ritirò a Ginevra, ove tolse moglie, e imprese a dirigere una fabbrica di seta. |
Nel declinare del 1567 fatale necessità lo condusse a Genova, ed ivi riconosciuto, cadde in potere dell'inquisizione. I Governi di Ginevra e di Berna domandarono la di lui libertà alla repubblica genovese; ma, prima che i loro messaggi arrivassero nella capitale della Liguria, il prigioniero era stato, a richiesta del papa, inviato a Roma. |
Dopo una prigionia di circa due anni, Bartoccio fu condannato ad essere bruciato vivo. Andò al supplizio con passo fermo e col solito suo coraggio; e quando le fiamme gli si appresero intorno, gli astanti che aveanlo perduto di vista, udirono la sua voce sclamare con entusiasmo: Vittoria! Vittoria!... Queste furono l'estreme parole del martire. |